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lunedì 4 giugno 2012

RECENSIONE: The Shins - PORT OF MORROW

SubPop (marzo 2012)
Genere: pop folk/rock

Un’esperienza particolare. PORT OF MORROW, ultimo album degli ormai storici The Shins di James Mercer. Nati e noti come indie band nel lontano 1997 nel New Mexico (ora di base nell’Oregon), sono oggi ormai un fenomeno mainstream negli States. Ciò è confermato dalla incredibile attenzione su questo album e su Mercer in particolare, dedicatagli, in questi ultimi tempi, dai mass media di ogni genere e parrocchia.

Inizio con il dire che non è stato facile scrivere una recensione di quest’album. Ci sono voluti molti, moltissimi ascolti ed è stato difficile rimanere impermeabili alle innumerevoli esternazioni sensazionalistiche che provenivano da gran parte della stampa specializzata. Così ho deciso di dedicare più tempo all’ascolto di PORT OF MORROW per dare un giudizio sulla lunga distanza (sebbene il disco sia uscito solo a marzo e noi siamo appena a metà maggio). Dopo due mesi di ascolto credo che la digestione sia ormai avvenuta. Dopotutto lo stesso Mercer ha dedicato ben 5 anni alla realizzazione dell’album, avendo deciso nel frattempo di dedicare molte più attenzioni ad un altro importantissimo aspetto della sua vita. La nuova paternità. 

The Rifle’s Spiral, primo singolo diffuso, accompagnato da un video a dir poco sensazionale che sembra uscito direttamente dal pennello di Edwar Gorey, è davvero un pezzo impeccabile. Avvenuta la sintonizzazione su frequenze probabilmente aliene, comincia una marcia trascinante dove si muovono i macabri (ma adorabili) personaggi animati del video per il quale il regista, Jamie Caliri, non nasconde le inevitabili influenze date dalle 3 visioni di Hugo Cabret

Terminata questa dose di magia e mistero, si sterza con vigore verso scenari più freschi e rilassanti, tra “canzoni semplici” (“Simple Song”) e ballate a volte fresche, altre volte un po’ “pallose”, nella media apprezzabili ma senza mai stupire e rapire come forse all’inizio ci saremmo aspettati.  La qualità è sicuramente alta ed il disco, visto di profilo, ha uno spessore notevole. Per giorni mi sono dedicato all’ascolto di tutte le altre canzoni dell’album (“The Rifle’s Spiral” fa decisamente storia a se) per cercare di capire se di capolavoro si trattasse. Ed è stato strano constatare come sensazioni diverse arrivassero ai ripetuti ascolti. Ciò che è certo è che, contrariamente a quello che di solito succede, alle entusiasmanti impressioni delle prime immersioni si sono succedute sensazioni di stucchevolezza, come se si fosse di fronte a tracce di “chicchessia” ascoltate e riascoltate da anni (sono venuti in mente più volte, REM, Blur, Travis e via dicendo).

Salvo a pieno anche la title track, che assieme a The Rifle’s Spiral danno una nota di peculiarità ad un sound altrimenti troppo scontato e anonimo. Non riuscire quasi mai ad ascoltare una traccia per intero a meno che non si lasci il disco come sottofondo, è un segnale fin troppo chiaro. 

In definitiva, un disco positivo perché non fa male ascoltarlo. Ma se si è alla ricerca di emozioni vere, il 2012 ha regalato già tanto di meglio (sebbene forse non ancora al livello del magico 2011). Non ce ne vogliano i più, ma a me quest’album è piaciuto, senza però ci sia il bisogno di sbucciarsi le mani in applausi inconsulti, che risparmio per eventi futuri migliori.

                                                                                         Franz Bungaro

65/100


Tracklist:

1.The Rifle’s Spiral
2.Simple Song
3.It’s Only Life
4.Bait And Switch
5.September
6.No Way Down
7.Fall Of ’82
8.For A Fool
9.40 Mark Strasse
10.Port Of Morrow

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