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lunedì 28 gennaio 2013

ALBUM DELLA SETTIMANA: Lads Who Lunch - TALK

Lads Who Lunch - TALK (2012 - RBL)


elettro-wave / post-wave / gothic









Si erano presentati in questo modo, nel 2010, (EP, "Try to hide") e già si era capito che per quanto giovani potessero essere, qualcuno con una certa esperienza si era comodamente posizionato nella cabina di regia. Quel qualcuno si scoprì essere Luca Vicini, bassista dei Subsonica, tra i migliori groover in circolazione in Italia.






Lo stesso Vicini ha quindi chiamato nella sua Torino i 4 Lads Who Lunch (letteralmente, "ragazzini che pranzano", o almeno credo) e gli ha niente meno che prodotto, registrato e mixato questo nuovo e primo LP, TALK, uscito a fine 2012 per la RBL. Si certo, wave (vero è proprio mantra della RBL) a volte più oscura, altre volte più colorata, come nella rockeggiante "The glap and the platform" o nel primo singolo, l'adrenalinico "Cold Morning", accompagnato da un video originale e glitteratissimo:






...ma non solo. Nell'album compaiono ben 12 tracce, che sanno di buono. Non inventano niente, come si può farlo se si continua ad orbitare attorno ad una riconoscibile wave, ma cavolo, ci sarà un motivo se quando metti su le cuffie e lo fai andare, neanche troppo al massimo, ti sembra che venga giù il mondo. Una qualità del suono, soprattutto di quello di matrice elettronica, pressochè perfetta. Una amalgama morbida che taglia con cattiveria quando deve farlo. Una voce maliziosa e rassicurante, una commistione di generi (wave, dance, punk, glamrock) che in genere sortisce due effetti: fa ridere o fa impazzire.

Ragazzi, qui c'è veramente poco da ridere.

Su Rockit lo streaming integrale!

Sito della band.


Tracklist

1. (Don't talk)
2. Puppets
3. News
4. Brat
5. Cold Morning
6. Monday
7. The gap and the platform
8. Draft
9. Unfair fight
10. Diffraction
11. Mirrors
12. Uncut








martedì 22 gennaio 2013

ALBUM DELLA SETTIMANA: Blue Willa - BLUE WILLA

Blue Willa - Eponimous (2013 - La famosa etichetta Trovarobato)

Art rock - alt pop












Difficile o forse inutile definire la musica dei Blue Willa nel loro terzo, omonimo, album. Sta di fatto che qualunque cosa essa sia (si potrebbe parlare benissimo di art rock/poppunk-core, avant-rock, punk, math pop, post-core, senza mai andare troppo lontani ma senza mai prenderci in pieno) è questa roba buona e giusta.





Loro sono attivi da anni ma probabilmente è il 2013 il momento stabilito per la ribalta. Ne hanno parlato con toni entusiastici  Mucchio (dedicandogli addirittura la copertina) e Rumore (recensione con voto 8) nei loro numeri di Gennaio 2013 e ottime recensioni le si possono leggere anche sulle più importanti webzine italiane( in particolare Ondarock , che ne riassume pure la quasi decennale carriera). 





Non è musica convenzionale, nè tantomeno immediata e quindi fruibile da orecchie poco allenate. Ma è questo il segreto di un grande album, di un album destinato ad essere ascoltato a fondo nel tempo, sviscerato nei suoi mille giochi di luci e suoni e che ad ogni nuovo ascolto concederà il piacere e lo stupore di riceverne in cambio un'emozione nuova e diversa.



Tra quelle cose, veramente tante ma dannatamente nascoste, che ti fanno sentire orgoglioso di essere italiano. La fatica stà nel ritrovarle, il piacere sta nel viverle e non perderle più di vista.

Rockit ci regala anche lo streaming integrale, è una ghiotta occasione, da non farsi sfuggire.


Tracklist
  1. Eyes Attention
  2. Fishes
  3. Tambourine
  4. Moquette
  5. Vent
  6. Good Glue
  7. Rabbits
  8. Birds
  9. Moan
  10. Cruel Chain
  11. Spider
Sito della band.



martedì 15 gennaio 2013

RECENSIONE: The Evens - THE ODDS

Evens - THE ODDS (Dischord, 2012)



Post-hardcore - slowcore - emocore










E a completare il commovente quadro familiare, in penombra sulla copertina dell’album, c’è il piccolo Carmine Francis MacKaye, il figlio di 4 anni di Ian e di Amy Farina. Nel quadro, a guardar bene,  si intravede pure lo spirito (è vivo e vegeto, si fa per dire) di zio Geoff (Farina, già leader dei Karate e ora dei Glorytellers) presente tra l’altro più nelle corde del cognato Ian (che dei Fugazi e Minor Threat qui conserva appena qualche malizioso riffettino, comunque addomesticato, ed una manciata di urletti e cori atoni e ignoranti buttati qui e lì) che nella dolce e litanica voce o nelle semplici ma possenti rullate della sorella Amy.





E’ un po’ come quando con l’età ti imponi o ti viene imposto di mettere la testa a posto sapendo già di non poterci riuscire mai completamente. Ian, “tieni famiglia, hai 50 anni suonati, e non puoi certo essere quel (geniale, ndr) ragazzino perennemente incazzato e fuori dagli schemi che usavi essere negli anni d’oro, quello che m’ha fatto innamorare di te. Non saresti credibile,  saresti il feticcio di te stesso” si può esser sentito dire. Come si dice poi, dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Altre volte la donna ti sta accanto e ti accompagna alla batteria, ma il concetto è lo stesso. Ed ecco che il nuovo MacKaye, che a dire il vero sulla Straight Way c’era sempre stato, rasato, ripulito ed incoraggiato torna in scena con la sua compagna nel progetto che più di ogni altro sembra resistere nel post-Fugazi (è questo il terzo LP degli Evens dopo l’omonimo esordio del 2005 e Get Evens del 2006).





Certo, ascolti King of Kings, la prima traccia, e pensi sia roba da Hole, quelle di Celebrity Skin. Poi però, per fortuna, Ian fa vedere chi è che porta i pantaloni in casa e soprattutto chi avrà il merito di attirare l’attenzione sull’album, ed ecco che  Wanted Criminals è quanto di più Fugazi in questo album si possa trovare. Non a caso, il pezzo più bello ed autentico. La forza di Wanted Criminals fa scopa con la potenza e l’armonia rude e discordante di  Warble Factor, l’altro pezzo fortemente influenzato da quel post-hardcore, quello di Washington, sebbene qui addolcito dalla melodia e dalla grazia della voce di Amy. Cori sguaiati e classicamente fuori sincrono a creare l’imperfezione sonora prossima all’eco, riff di corde basse di chitarra a riempire e ritmo lento, scarno ed essenziale di batteria a trascinare. Il plettro che va veloce negli accordi armonici tricorde e che spesso sembra inciampare tra le corde nei celeri e schizofrenici passaggi dei riff sulla chitarra baritona. La voce di Amy è una coccola melodica che un po’ ovunque riporta l’(h)ard(c)ore del marito entro paradigmi di più larga fruizione.



Capita di farsi venire in mente i duetti di Meg e Jack White (Competing with the till ), gli amplessi musicali di Lou Reed e Nico (Timothy Wright ha degli sbalzi armonici che ricordano molto quelli dei Velvet Underground and Nico in Venus in furs) o il jazzcore di zio Geoff (This other thing), il grunge decadente delle Hole (oltre a King of Kings anche Kok) ed ovviamente, i Fugazi in versione perlopiù acustica e riappacificata. C'è un solo pezzo completamente strumentale, Wonder Why, ma in compenso è magnifico.
Se il rock è morto, l'hardcore, nelle sue mille declinazioni, sembra non voler mollare l'osso e seppur con risultati di alterna e discutibile fortuna, anche in questi anni '10 (per rimanere a questo 2012 si pensi ai buoni Bob Mould, Disosaur Jr, Melvins e Japandroids) mantiene viva la scena. Gli Evens si inseriscono degnamente nel gruppo, confermando l'andazzo.




Una disco di famiglia. Una recensione affettuosa. Un bacio al pupo.

Pubblicata su Storia della Musica.

lunedì 14 gennaio 2013

ALBUM DELLA SETTIMANA : Bachi da Pietra - QUINTALE

Bachi da Pietra - QUINTALE (2013 - La Tempesta)

Alt rock italiano - stoner














Dal comunicato stampa:

"Il verme della roccia ha assunto le sembianze di un potente insetto corazzato, dopo la genesi fangosa e le mutazioni di questi anni".




Con tutto il doveroso rispetto, ed io personalmente ne ho tanto, per le band italiane che in questi anni '10 hanno continuato a fare rock, in modo alternativo e quindi fuori dagli schemi classici (Afterhours, Marlene Kuntz, Teatro degli Orrori), qui siamo ad un livello altro.




Per fortuna che qualcuno, in questo caso i Bachi da Pietra, ha tenuto presente un concetto basilare, che e' pacifico nei fruitori del genere, un pò meno, in questi ultimi anni, nei protagonisti. Per fare rock bisogna scaraventare, in modo rude ma consapevole, l'ascoltatore dall'altra parte della stanza; bisogna incendiare le masse ai concerti, piccole o grandi queste siano; bisogna far sperimentare i massimi livelli di volume nei vari strumenti di ascolto che si adoperano....in poche parole, bisogna sentirsi e far sentire, almeno in quel momento, un pò più cattivi, grintosi e sudati.


Scrivo queste due parole dopo che a stento sono riuscito a riprendermi dall'ascolto di QUINTALE, l'ultima fatica del duo granitico di Bruno Dorella e Giovanni Succi. "Haiti" è probabilmente il brano di rock italico più bello da 15 anni a questa parte.






Bentornata adrenalina.



Tracklist:

01. HAITI
02. BRUTTI VERSI
03. COLEOTTERI
04. ENIGMA
05. FESSURA
06. MARI LONTANI
07. IO LO VUOLE
08. PENSIERI PAROLE OPERE
09. PAOLO IL TARLO
10. SANGUE
11. DIO DEL SUOLO
12. MA ANCHE NO

Sito della band