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venerdì 21 dicembre 2012

LA CLASSIFICA DEI MIGLIORI 100 DISCHI DEL 2012

L'ATTESISSIMO CLASSIFICONE DI FINE ANNO DI ASOULVIBRATION. I 100 MIGLIORI DISCHI DEL 2012, CON "INCORPORATA" LA CLASSIFICA DEI MIGLIORI PRODOTTI ITALIANI. ENJOY.

                                                             ...E  BUON NATALE


                                                                               Franz 








100. LANA DEL REY - BORN TO DIE
99.   FRANCOIS AND THE ATLAS MOUNTAINS - E VOLO LOVE
98.   BOB DYLAN - TEMPEST
97.   FOE - BAD DREAM HOTLINE
96.   CRYSTAL CASTLES - III
95.   DIAGRAMS - BLACK LIGHT
94.   FRANK OCEAN - CHANNEL ORANGE
93.   BURNING HEARTS - EXTINCTIONS
92.   EL-P - CANCER 4 CURE
91.   THE DUB SYNC - THE DUB SYNC (23° ITA)

90.  MARLENE KUNTZ - CANZONI PER UN FIGLIO (22° ITA)
89.  THE VACCINES - COME OF AGE
88.  CLAUDIA IS ON THE SOFA - LOVE HUNTERS (21° ITA)
87.  DEEERHOOF - BREAKUP SONG
86.  THE MAGNETIC FIELDS - LOVE AT THE BOTTOM OF THE SEE
85.  SHEARWATER - ANIMAL JOY
84.  WHITE RABBITS - HEAVY METAL
83.  TRUST - TRST
82.  THE SHINS - PORT OF MORROW
81.  FRANKIE ROSE - INTERSTELLAR

80.  KING OF THE OPERA - NOTHING OUTSTANDING (20° ITA)
79.  THE MACCABEES - GIVEN TO THE WILD
78.  DINOSAUR JR. - I BET ON SKY
77.  S.M.S. - DA QUI A DOMANI (19° ITA)
76.  DEVOCKA - LA MORTE DEL SOLE (18° ITA)
75.  MOUNT EERIE - CLEAR MOON
74.  MAXIMO PARK - THE NATIONAL HEALTH
73.  IL PAN DEL DIAVOLO - PIOMBO POLVERE E CARBONE (17° ITA)
72.  SCHOOL OF SEVEN BELLS - GHOSTORY
71.  AMOR FOU - 100 GIORNI DA OGGI (16° ITA)


70.  IL TEATRO DEGLI ORRORI - IL MONDO NUOVO (15° ITA)
69.  SIGUR ROS - VALTARI 
68.  JANICE GRAHAM BAND - IT'S NOT ME
67.  PASSION PIT - GOSSAMER
66.  BOB MOULD - SILVER AGE
65.  MARCO GUAZZONE&STAG - L'ATLANTE DEI PENSIERI (14° ITA)
64.  DER NOIR - A DEAD SUMMER (13° ITA)
63.  CHAIRLIFT - SOMETHING
62.  BEACH HOUSE - BLOOM
61.  LEHONARD COHEN - OLD IDEAS

60.  LUCA SAPIO - WHO KNOWS (12° ITA)
59.  TU FAWNING - A MONUMENT
58.  DEUS - FOLLOWING SEA
57.  PATTI SMITH - BANGA
56.  IORI'S EYES - DOUBLE SOUL (11° ITA)
55.  CHROMATICS - KILL FOR LOVE
54.  UMBERTO MARIA GIARDINI - LA DIETRA DELL'IMPERATRICE (10° ITA)
53.  GRIMES - VISIONS
52.  EGYPTIAN HIP HOP - GOOD DON'T SLEEP
51.  OFFLAGA DISCO PAX - GIOCO DI SOCIETA' (9° ITA)


50.  ARCHIVE - WITH US UNTIL YOU'RE DEAD
49.  MASOKO - LE VOSTRE SPERANZE NON SARANNO DELUSE (8° ITA)
48.  TWIN SHADOW - CONFESS
47.  ROBERT GLASPER - BLACK RADIO
46.  ANDY STOTT - LUXURY PROBLEMS
45.  TRISTESSE CONTEMPORAINE - TRISTESSE CONTEMPORAINE
44.  VINICIO CAPOSSELA - REBETIKO GYMNASTAS (7° ITA)
43.  KENDRICK LAMAR - GOOD KID, M.A.A.D. CITY
42.  STUBBORN HEART - STUBBORN HEART
41.  MANAGEMENT DEL DOLORE POST OPERATORIO - AUFF (6° ITA)


40.  REDRUM ALONE - THE REDRUM NATURA (5° ITA)
39.  ANIMAL COLLECTIVE - CENTIPEDE HZ
38.  EXITMUSIC - PASSAGE
37.  FLYING LOTUS - UNTIL THE QUITE COMES
36.  DEFTONES - KAY NO YOKAN
35.  SPIRITUALIZED - SWEET HEART SWEAT LIGHT
34.  PEPE DELUXE - QUEEN OF THE WAVE
33.  JACK WHITE - BLUNDERBUSS
32.  CONFIELD - CONFIELD (4° ITA)
31.  ASAF AVIDAN - DIFFERENT PULSES


30. BALTHAZAR - RATS
29. EDDA - ODIO I VIVI (3° ITALIANO)
28. CAT POWER - SUN
27. SWANS - THE SEER
26. FIONA APPLE  - THE IDLER WHEEL IS WISER...
25. MUMFORD & SONS - BABEL
24. FRANCO BATTIATO - APRITI SESAMO (2° ITALIANO)
23. GRIZZLY BEAR - SHIELDS
22. DAVID BYRNE & ST. VINCENT - LOVE THIS GIANT
21. O. CHILDREN - APNEA


20.  AFTERHOURS - PADANIA (1° ITALIANO)
19.  JAPANDROIDS - CELEBRATION ROCK
18.  TAME IMPALA - LONERISM
17.  ARIEL PINK'S HAUNTED GRAFFITI - MATURE THEMES
16.  MICHAEL KIWANUKA - HOME AGAIN
15.  GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR - ALLELUJA!DON'T BEND! ASCEND! 
14.  CODY CHESNUTT - LANDING ON A HUNDRED
13.  A PLACE TO BURY STRANGERS  - WORSHIP
12.  PORCELAIN RAFT - STRANGE WEEKEND
11.  DR. JOHN - LOCKED DOWN


10.  DIRTY PROJECTORS - SWING LO MAGELLAN

9.    ROVER - ROVER 

8.    THE XX - COEXIST

7.    SCOTT WALKER - BISH BOSCH

6.    DJANGO DJANGO - DJANGO DJANGO

5.    TOY - TOY

4.    POLICA - GIVE YOU THE GHOST


GOAT - WORLD MUSIC

 

 

 

 




 







BILL FAY - LIFE IS PEOPLE















 

ALT-J - AN AWESOME WAVE

 



lunedì 17 dicembre 2012

RECENSIONE: Rover - ROVER

Wagram (2012)

New Wave - Glam Rock










Appena finito di ascoltare l'omonimo disco d’esordio di Rover, mi sono trovato davanti ad un tragico dilemma: che tipo di recensione scrivere. Avrei potuto scrivere una recensione cosiddetta tecnica, impostandola sullo studio del personaggio/non personaggio Rover (all’anagrafe Thimothée Regnier, sì, è francese) o sulla miriade di rimandi, richiami, rivisitazioni ed emulazioni che lo stesso lavoro propone. 




Ma sarebbe stato fin troppo facile richiamare ogni volta i vari artisti che vengono facilmente alla mente (in ordine sparso e scomposto di rinvenimento, soprattutto David Bowie, gli Interpol, Gainsbourg, Lennon, certe cose dei Muse, i falsetti di Justin Vernon dei Bon Iver, i primi Coldplay, l' Alex Turner solistaProcol Harum,  Marillion) o intavolare il solito pippone sulla (nunew wave, su chi copia cosa, chi emula, chi si rifà a e chi si fa e basta. Tutto sin troppo semplice ed immediato ma potenzialmente fuorviante, controproducente e opprimente se quello che si vuol fare è riuscire a dare un giudizio obiettivo su un disco. 




L’altra via era quella di un approccio nudo, assoluto, emotivo e ultramateriale al disco. Ho scelto questo, non me ne vogliate.    Ascoltare le prime quattro tracce di fila (Aqualast, Remember, Tonight, Queen of the fools) lascia letteralmente senza fiato. Si, certo, ti passa gran parte della tua vita musicale davanti, ma se la cosa non ti infastidisce, anzi, ti ringalluzzisce alquanto, è evidente che qualunque cosa essa sia, questa è roba forte, pensata, costruita e divulgata con dovizia di particolari da gente esperta e capace. 




Aqualast graffia con la sua vena triste, struggente e malinconia.  Remember smuove l’animo un po’ barocco ed un po’ burlesco che credevamo sopito o del tutto assente in noi. Tonight riempie con l’energica linea di basso e ipnotizza con il suo cantato, magnifico nel falsetto, che comunica una disperata ricerca di riscatto, di redenzione, con l’orgoglio tronfio e maestoso che sembra prerogativa di Rover, a cominciare dalla copertina dell’album. Queen of the fools  è il lento a bordo pista con l’amata inzuppata di lacrime che ti ha appena comunicato la sua partenza per terre lontane.   



Le prime quattro tracce dicevo. Si perché se ascoltando queste non la finisci più di gridare al capolavoro, con Wedding bells il disco effettivamente subisce un calo di tono, si affloscia un po’, e spesso si è presi dalla tentazione di ritornare sulle prime tracce piuttosto che andare avanti nell’ascolto. Consiglio però la tenacia, perché dopo un paio di momenti non proprio esaltanti arrivano Silver e Champagne (quest’ultima con una meravigliosa armonica a bocca in chiusura), che di diritto vanno ad aggiungersi alle perle dell’album. E siamo a sei pezzi memorabili, davvero non male.   Sul finire si fa ascoltare Carry on, con il suo simpatico connubio tra tradizione ed innovazione, tra accordi di organetto old style riff di tastiera futurista, con il solito cantato possente e forse un po’ ridondante, la stessa ridondanza che ritroviamo nella già stanca (e stancante) Late night love. Non passerà alla storia neanche la hidden track (“Full of grace / La Roche”).  



Rover è cupo, malinconico e comunica una certa vena di nostalgia, ma è pure elegante ed imponente; è sicuro di se e della propria musica, e sembra non curarsi affatto dei facili paragoni; è certosino nella cura dei particolari e magistrale nell’aver creato e buttato nella mischia del 2012 un paio di capolavori (Aqualast Remember) che resteranno a lungo nelle orecchie di chi saprà apprezzarli.   



L’omonimo disco di Rover, ne sono sicuro farà gridare al capolavoro o alla gran paraculata. Esattamente nel mezzo c’è il mio giudizio. E’ un gran bel disco, a tratti travolgente, ma poi alla fine, tenendo conto dei vari tasselli che lo compongono, non da ultimo la relativa pochezza di un certo numero di tracce, rimane tra le cose valide e meritevoli di quest’anno, senza però bisogno di andare troppo oltre nelle onorificenze.

Pubblicata su Storiadellamusica.it.

BEST OF 2012 Countdown: - 4 (CELEBRATION ROCK - Japandroids)

The house that heaven built, da CELEBRATION ROCK dei Japandroids.









giovedì 13 dicembre 2012

BEST OF 2012 Countdown: -8 (SWING LO MAGELLAN - Dirty Projectors)

Offspring are blank, da SWING LO MAGELLAN dei Dirty Projectors.











RECENSIONE: Exitmusic - PASSAGE

Secretly Canadian (2012)

Dream Pop - Shoegaze - Post Rock







Un duo, uomo donna, marito e moglie. Lui, Devon Church, musicista di alterna fortuna, lei, Aleska Palladino, attrice di discreto successo negli States, al cinema e in famosissime serie TV. Si incontrano per caso all’età di 18 anni, su un treno, in Canada, e non si separeranno più.  



Nel caso di questo Passage, prima ancora di ascoltare l'album, mi è bastato ragionare per preconcetti banali e facili luoghi comuni per arrivere al dunque, o comunque non troppo lontano dallo stesso. Mettendo infatti insieme l’etichetta, la Secretly Canadian (Porcelain Raft, Yeasayer, JJ, Taken by trees), la formula, trendissima, del duo uomo donna (da ultimo, Tamaryn, Beach House, Chairlift, I Break Horses), il nome, Exitmusic (ispirato al quasi omonimo brano dei Radiohead), il nome di lui, Devon Church (un nome che sa tanto di congregazione cristiana misericordiosa, ed incredibilmente ne esiste veramente una a quel nome, a Chicago), e già si era materializzata in me un'idea, grossolana sì, ma realistica, di quello che poi ho realmente ritrovato  in Passage



E’ questo il primo vero lavoro in grande stile degli Exitmusic, dopo un’autoproduzione del 2007 (The Decline of the West) e un EP del 2011 (From Silence). Se le premesse erano state chiare, gli sviluppi hanno sostanzialmente confermato le prime impressioni.  




Struggente armonia. Dolcissima disperazione. Bellezza. Tristezza. Paranoia. Tutto questo nella voce flebile e dilaniata da un non ancora ben diagnosticato dolore esistenziale, esasperato ed esasperante, della bellissima Aleska Palladino. Melodie lente e cadenzate da beats semplici, glaciali. La chitarra elettrica che pochissime volte si stacca dalla pedaliera e dal riverbero,  e che ricorda davvero tanto, quando sperimenta semplici arpeggi (The City, Stars) quella dei Radiohead di Hail to the thief.




La title track è di rara e raffinata magnificenza, con un intro in perfetto stile Sigur Ròs ed un poderoso crescendo che a metà traccia travolge come un fiume in piena, come non sempre succederà nel corso dell’album. Vale il prezzo del biglietto, come usava dire Pizzul dei colpi di tacco di Roberto Baggio.





Da segnalare ancora White Noise, l’altro pezzo magistrale dell’album. Siamo nel dream pop, quando lo stesso sfiora e lambisce lo shoegaze prima di formare un tutt’uno con lo stesso, esasperandone il lato triste e malinconico, tipico di certe ulteriori evoluzioni post (mi è venuto in mente più volte il sadcore degli Arab Strap, quelli di Philophobia e Elephant Shoe). Il verbo dei Sigur Ròs torna in maniera fin troppo esplicita in The Wanting mentre The modern age a tratti è pure allegra, ma non troppo.  




Non è certo l’album che si ascolta se sì è alla ricerca della “botta di vita”, dell’adrenalina o dell’empatia dell’amico istrionico e caciarone. E’ invece l’album buono e consigliato per gli amanti del dream pop, con le dovute premesse se l’avete vissuto e apprezzato nei tempi d’oro, con maggiore disinvoltura, soprattutto da parte di chi lo consiglia, se siete fan o semplicemente amanti delle numerose retrospettive contemporanee. Anche perchè, tra questi ultimi, gli Exitmusic sono probabilmente l'offerta migliore in circolazione. E ho detto tutto.

Pubblicata su Storiadellamusica.it.

venerdì 7 dicembre 2012

RECENSIONE: Dr. John - LOCKED DOWN

Nonesuch (2012)

R&B, Blues Rock


“They call me, Dr. John, the night tripper, got my sizzling gris-gris in my hand” (da Gris-gris gumbo ya ya)



Cominciava così, nel lontano 1968, la carriera musicale di Malcolm John Rebennack, classe 1940, bluesman sciamano, di professione icona, vivente. Sono questi infatti i primi versi di Gris-gris gumbo ya ya, la traccia numero 1 di Gris-Gris, il primo capitolo nella storia della musica di Dr. John.



Il 2012 in musica, a meno di incredibili quanto improbabili colpi di coda, è destinato a non passare alla storia per eccezionali nuovi prodotti. Potrà semmai essere ricordato come l’anno in cui icone del calibro di Leonard Cohen, Bob Dylan, David Byrne, Bill Fay e Dr. John, c’hanno riprovato, e lo hanno fatto alla grande. E hanno pure dimostrato che, nonostante la clamorosa contravvenzione alla regola aurea “morire giovani per esser santificati”, loro la santificazione se la continuano a guadagnare sul campo, lasciando allibite le giovani generazioni, e storditi i critici musicali che si scervellano a ritrovare opere sensazionali nelle pietanze odierne, dimenticando che se l’opera è sensazionale, è lei a ricercarti. E questo, il miglior 72enne in attività, lo sa bene.



Locked down, ventinovesimo capitolo della sua discografia, è uscito nella colorata primavera di quest'anno, ma ne parliamo scientemente solo ora, in tardo inverno. Probabilmente perché c’è un certo timore reverenziale nell’approcciare i mostri sacri della musica. Non vuoi fallire ed allora lasci che la musica venga da te assimilata, vissuta, lasciata e ripresa nel mezzo della moltitudine di cose che ti capita di ascoltare. E' un pericolo, non c'è dubbio, perché troppo tempo e troppi ascolti abbiamo ormai dedicato a quest’album, con una miriade di congetture, gossip e riletture che avrebbero potuto facilmente far intruppare la nostra visuale nel sentimentalismo, o tutto il contrario.   




Partiamo dalla produzione. Dan Auerbach, voce e chitarra (ma non dite leader!) dei Black Keys. È lui che ha prodotto l’album. Basta ascoltare davvero poche note di Locked Down per capire che sarebbe naturale immaginare i Black Keys, specie quelli di Brothers, ad interpretare quest’album. Né meglio né peggio. Uguale. L’allievo che produce il maestro. Potere della pecunia del lonely boy Auerbach.
Se posso immaginare, Auerbach ha dato qualità al suono, ripulendolo e potenziandolo, concedendo al maestro di fare il maestro, che al resto pensava lui. E suona bene, accidenti se suona bene. In Locked Down c’è tanto soul (Big shot, My children, My Angels), rhythm & blues (Revolution, You Lie), funky (Locked Down, Eleggua), profumi afrobeat (Ice Age), con pizzichi di psych-prog (Getaway) e spolverate di gospel (God’s sure good) e poi quei riverberi, quei riff di organo, quei cori, quei fiati, e soprattutto quella magnifica, divina, chitarra che si rifà a se stessa, fino a concedersi assoli stratosferici (ancora Getaway) come pochi saprebbero fare oggi. Forse Auerbach, giusto lui, e pochi altri.




Kingdom of Izzness fa storia a se, è il pezzo più coinvolgente, non si discute.  E poco importa che suoni Black Keys più degli ultimi Black Keys. Riff di organetto malizioso, balbettante all'inizio e poi timidamente ammiccante, batteria lenta, rimbombante di garage, coro femminile black, il tutto in un freschissimo groove da esportazione.  Dà assuefazione. Come tutto l'album del resto. Perchè se è passato tanto tempo e la voglia di ascoltarlo non è diminuita neanche di una frazione della relativa unità di misura, ci sarà pure un benedetto motivo.



Dr. John è tornato, per quanto non sia mai andato via, umilmente e senza alcun timore reverenziale nei confronti di nessuno. Alla veneranda età di 72 anni ribadisce al mondo che lui è lui. E voi? Voi non siete lui. Provateci. Illudetevi di esse lì lì. Producetelo pure, impacchettatelo, ripulitelo e promuovetelo. Anzi, ben venga. L'importante è capire che il valore aggiunto è uno solo, e si chiama Dr. John.


Ascoltatori di Locked Down, una riffata vi seppellirà.




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BEST OF 2012 Countdown: - 14 (LOCKED DOWN - Dr. John)

La Rivoluzione, secondo il vangelo di Dr. John.








martedì 4 dicembre 2012

RECENSIONE: Mumford & Sons - BABEL

Island - Glassnote (2012)

Nu Folk


Know my weakness, know my voice.
I believe in grace and choice.
(da “Babel”)



Marcus Oliver Johnston Mumford, voce e leader dei Mumford & Sons, è nato il 31 gennaio del 1987 a Anaheim, California, da genitori inglesi. Al tempo dell’uscita di questo ultimo Babel (A.D. 2012) ha quindi 25 anni. Neanche a dirlo, quando uscì Sigh no more, nel 2009, ne avrà avuti 22. Eppure lui, per qualche strana ragione che non mi so spiegare, non ha mai avuto gli anni che ha. Il curioso caso di Marcus (Benjamin Button) Mumford, mi verrebbe da pensare. Lui canta, strilla, balla, suona (qualsiasi strumento!) e incanta come un’icona folk senza tempo, e a dispetto della sua pachidermica stazza, ha un carisma e una sicurezza nel trasmettere il suo messaggio, che di questi tempi rassicurano.




La sua timbrica ed impostazione vocale ricordano molto quella di maestri sdoganatori del folk, dagli amatissimi Simon and Garfunkel (dei quali reinterpreta qui magnificamente The Boxer) a Brad Roberts dei Crash Test Dummies, passando per l’ultimo StingRobin Pecknold dei Fleet Foxes, per arrivare da ultimo a Joe Newman dei nostri amati ALT-J. Il folk da bere, per noi comuni mortali. Il folk che ascolti con piacere anche se il folk ti annoia, anche se la Guinness non è propriamente la tua birra, anche se i Clancy Brothers proprio non sai chi siano.   




Salire a bordo di Babel è un’esperienza che non si può relegare a semplice ascolto, sporadico, occasionale e che, personalmente, non dimenticherò facilmente. Perché è stato difficile capire che quello che credevi troppo bello per essere vero, poi era bello davvero. Che ciò che stava entrando lentamente nella tua testa e nella tua vita, lo stava facendo dalla porta principale semplicemente perché meritava tale ingresso importante. Che alcuni giudizi negativi ascoltati e letti in giro potevano anche essere stati dettati da superficiali e poco attente analisi o, semplicemente, da scarsa predisposizione a questo tipo di ascolto.  





Rispetto al pluripremiato (oltre che copiosamente venduto) Sigh no more, che rimane, almeno per il momento, ad un livello qualitativo ed emotivo leggermente superiore, qui il piano, in più punti, è leggermente più inclinato, e la locomotiva corre un tantino di più (Babel, Whispers in the dark, I will win, Lover of the light). La locomotiva Mumford & Sons è pure più importante ed elegante, ha il passo di chi ha già raggiunto la piena padronanza dei propri mezzi. Alcuni quindi, in modo sbrigativo, potrebbero accusare Babel di essere furbescamente più commerciabile. Sinceramente non lo credo. E questo a prescindere dalle effettive vendite dell'album, che mi auguro altrettanto importanti. Che le cose belle, poi, vanno pure acquistate.  





Il banjo è incandescente, e gira spesso in modo vorticoso. Si ascoltano, di rado, note di pianoforte e violino, che fa sempre tanto chic. Le atmosfere, specie per i favolosi vocalizzi onnipresenti, raggiungono spesso una coralità ed una dimensione da cavee di teatri o auditorium affollate di raffinato pubblico dal palato buono. La protagonista è, ovviamente, la chitarra acustica, il metallo conduttore perfetto per la voce di Marcus. Ruvida, passionale, sincera nel ruolo che interpreta. Profonda e calda, come non t'aspetti da un venticinquenne che ha da poco cambiato l'ugola da adolescente.  

Il capolavoro è “Broken Crown”, ma non disdegnate di regalare tempo a tutte le altre tracce, con una particolare attenzione a Babel, I will win, Lover of the light, Lovers' Eyes, e Hopeless Wanderer. Non farlo sarebbe un vero peccato e potrebbe portarvi un giorno a pentirvene.  




Comunque la pensiate, questo Babel è, almeno per il sottoscritto, un gioiellino, pieno zeppo di poesie musicate alla perfezione ed interpretate con commovente partecipazione dai suoi attori, tanto dal padre quanto dai figli. I figli naturali e riconosciuti del folk.

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BEST OF 2012 Countdown: - 17 (WORSHIP - A place to bury strangers)

Fear, da WORSHIP, gli A Place to bury strangers da paura!